ROMA - Per nove anni è vissuta con un paio di forbici chirurgiche nella pancia. Anna Maria Giornello, romana di 63 anni, si è portata dentro diciotto centimetri di acciaio tedesco ben affilato e rotto su un lato, che avrebbe potuto ucciderla con una caduta o una frenata brusca in auto.
Un'insidia per la sua vita da quando, il 10 ottobre del 2000 dalle 9 a mezzogiorno, quelle forbici furono dimenticate nella sua pancia dai ginecologi che le asportarono utero e ovaie nell' ospedale di Marino, comune dei Castelli, alle porte di Roma sud. Durante l'intervento e dopo, nessun medico si è accorto di niente.
Eppure Giornello in ospedale è rimasta un mese esatto, dal 19 settembre al 18 ottobre del 2000 e quelle forbici hanno albergato nel suo intestino per quasi un decennio. «Sono stati nove anni di fastidi e depressione», racconta la donna. «Mi sono sottoposta invano a ecografie e visite mediche; finalmente, nel maggio scorso, la scoperta sconcertante».
Lo strumento chirurgico è apparso su una lastra radiografica: le immagini sono nitide. Chiunque ne avrebbe potuto riconoscere i contorni. Com' è stato possibile che quelle forbici siano state dimenticate lì? E com' è potuto accadere che in nove anni chi ha visitato la donna non se ne sia accorto? Il medico-legale Mauro Arcengeli, docente nell' università dell' Aquila non ha dubbi: «Si tratta di un errore grossolano, sintomo indubbio della trascuratezza dei doveri minimi di sorveglianza in sala operatoria». «Pensavo di avere un male incurabile», racconta Anna Maria Giornello. «Negli ultimi due anni non potevo più stare in piedi per i dolori: ho dovuto rinunciare al lavoro, chiudere il mio laboratorio da parrucchiera». «Via via», ricorda, «è subentrato lo scoramento».
«È una vicenda incredibile», commenta Domenico Martinelli, l' avvocato che assiste la donna. E Arcangeli annota nella sua relazione medico-legale: «La fedele ricostruzione dei fatti rende evidente il grossolano errore in cui incorsero i sanitari che eseguirono l' intervento chirurgico nell' ospedale di Marino nel lontano ottobre del 2000: la "dimenticanza" nell' addome della paziente di un voluminoso corpo metallico della lunghezza di ben 18 centimetri». Quindi, conclude Arcangeli, «è fuor di dubbio che i sanitari vennero meno a quei doveri minimi di vigilanza che impongono all' équipe chirurgica la conta delle garze e, ovviamente, degli strumenti chirurgici utilizzati per l' intervento». Le forbici sono state rimosse dalla pancia della donna nel policlinico universitario Umberto I una ventina di giorni dopo la loro "apparizione" su una normale lastra radiografica. Alla Giornello è stata tagliata una porzione di intestino che ora, finalmente, ha recuperato le sue funzioni.E l' avvocato della donna ha scritto all' ospedale di Marino chiedendo il risarcimento dei danni biologici, forte della consulenza di Arcangeli e della documentazione medico-legale. Ma la vicenda potrebbe finire in tribunale. «La Asl» spiega Martinelli, «non ci ha ancora risposto, ma di fronte a comportamenti evasivi ci rivolgeremo al giudice segnalando le responsabilità civili e penali dei sanitari: per anni la mia assistita è vissuta sotto la minaccia continua di un' arma puntata contro di lei, dentro il suo corpo, complice una distrazione potenzialmente tragica».