Malata di epatite dopo la trasfusione

Trasfusione di sague

«Il Ministero paghi 400mila euro»

Il dicastero condannato in primo grado per danni morali e materiali. Sarebbero settemila i contagiati da sangue infetto tra gli anni ‘70 e ‘90 in attesa di risarcimento

Quattrocentomila euro: tanto potrebbe versare il Ministero della Salute a una signora che ha contratto l’epatite C durante una trasfusione di sangue. Danni morali e materiali: queste le motivazioni per cui il giudice Giorgio Alcioni della X Sezione del Tribunale civile di Milano ha accolto in primo grado l’istanza della paziente, condannando il Ministero a pagare il risarcimento, oltre alle spese processuali: altri 12.400 euro. Ma è probabile che il processo prosegua nel secondo e terzo grado di giudizio. E dunque non è certo che il risarcimento arrivi.

 

Il risarcimento record

Quello appena descritto non è purtroppo l’unico caso di sangue infetto in Italia e sono tanti i pazienti che si sono ritrovati a convivere con una malattia grave dopo una semplice trasfusione di sangue: in trent’anni (tra il 1970 e il 1990) circa 120mila persone si sarebbero ammalate di Aids ed epatite e oltre 3.600, secondo l’Associazione Politrasfusi, sono morte a causa dei mancati controlli sul plasma e sui farmaci emoderivati. In pochi casi arriva il risarcimento, ma dopo decenni, a volte quando il paziente è già morto. C’è stato il caso di Giovanni (un nome di fantasia), ex titolare di una piccola impresa artigiana, ricoverato nel 1977 all’ospedale San Giuseppe di Marino, in provincia di Roma, dopo un incidente stradale. Lì viene emotrasfuso e inizia il suo calvario: epatite C cronica, linfoma maligno non Hodgkin non sconfitto dalla chemioterapia, sindrome depressivo-ansiosa grave contrassegnata da «disperazione, insonnia, marcata irritabilità». Il risarcimento è arrivato dopo 37 anni, a febbraio 2014: un milione 403mila euro (la maggior parte, un milione 283mila euro, per i danni biologico e non patrimoniale), che il Ministero della Salute ha dovuto pagare dopo una sentenza del Tribunale di Roma. La colpa del Ministero, secondo i giudici, è aver omesso «il dovere di vigilanza nell’interesse pubblico» previsto in materia di emoderivati.

Altri casi decennali

Un altro risarcimento è stato deliberato a ottobre scorso per un uomo che ha contratto l’epatite nel 1987 durante una trasfusione, all’ospedale Niguarda di Milano. Anche in questo caso la battaglia è durata decenni. Sarebbero centinaia le cause - già concluse o ancora in corso - di persone che avrebbero contratto malattie come l’Aids e l’epatite C in seguito alla somministrazione di prodotti farmaceutici salvavita distribuiti dal Servizio Sanitario Nazionale. Settemila sarebbero i pazienti in attesa di risarcimento. C’è il caso di una donna di Agrigento, contagiata a causa di trasfusione di sangue infetto da epatite C nel 1985 e poi morta per cirrosi epatica. Ad agosto, il Tribunale di Palermo ha riconosciuto agli eredi un risarcimento di 900mila euro. Dramma analogo nelle Marche. Nel 2012 il Tribunale civile di Ancona ha condannato il Ministero della Salute a pagare 400mila euro di risarcimento (oltre 700mila con interessi e rivalutazione), agli eredi di un paziente che 29 anni prima ha contratto i virus dell’Hiv e dell’epatite C in seguito a varie trasfusioni dopo un incidente stradale. L’uomo nel frattempo era morto in un altro incidente, ma la causa è andata avanti.

Indennizzi a rischio

Il sangue «malato» in circolazione tra gli anni Settanta e Novanta, non controllato dal Servizio sanitario nazionale, ha fatto molte vittime, contagiando soprattutto emofilici e talassemici che hanno bisogno costante di trasfusioni, ma anche pazienti trasfusi, per esempio, dopo un intervento chirurgico. Nel 1992 una Legge, la n. 210, ha riconosciuto ai contagiati, a titolo di solidarietà, il diritto a un indennizzo, che prescinde dal risarcimento del danno in conseguenza del contagio. Si tratta di un assegno bimestrale, in genere tra i 500 e i 700 euro al mese, a seconda della gravità dei danni subiti. Le domande presentate per l’indennizzo sono oltre 120mila. Ora, però, i danneggiati da sangue infetto rischiano di non avere nemmeno questo modesto aiuto. Le Regioni, infatti, hanno minacciato di interrompere il pagamento degli indennizzi perché non hanno più risorse. Nel 2001, infatti, le competenze in materia di indennizzi sono passate alle Regioni, che devono anticipare le somme a fronte di un rimborso da parte dello Stato.

Lorenzin: «Servono cento milioni»

A settembre il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva annunciato lo stanziamento di 100 milioni di euro - poi inseriti nella legge di Stabilità - per gli indennizzi in favore dei cittadini infettati da emoderivati, trasfusioni e vaccinazioni. «È necessario reperire ulteriori risorse per garantire il pagamento degli arretrati agli aventi diritto - aveva spiegato Lorenzin rispondendo a un question time alla Camera -. Il Ministero della Salute ha stimato in circa 100 milioni di euro tale nuova esigenza finanziaria e intende avviare un’iniziativa necessaria affinché in tale legge sia introdotta una specifica disposizione idonea a garantire l’esecuzione della sentenza della Corte europea». La questione era stata infatti sollevata una settimana prima dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo, che ha condannato l’Italia a pagare la rivalutazione dell’indennità percepita per la contaminazione subita attraverso trasfusioni di sangue o di somministrazione di derivati infetti.

 

27 febbraio 2017