Trani, meningite: ASL risarcisce 2 milioni

foto tratta da La Repubblica

Il ragazzo è morto a 34 anni nel 2005, dopo una vita trascorsa in stato vegetativo. Una precedente sentenza aveva stabilito il nesso tra la vaccinazione antivaiolo riconoscendo la negligenza dei medici

di GIOVANNI DI BENEDETTO

Articolo del 28 marzo 2018, tratto da: http://bari.repubblica.it/cronaca/2018/03/28/news/trani_il_vaccino_fatto_nel_1972_gli_causo_meningite_asl_condannati_a_risarcire_2_milioni_alla_famiglia-192429212/

Prima l'indennizzo, accertato il nesso causale tra la somministrazione del vaccino e la grave forma di encefalite che costrinse un bambino a una vita in stato vegetativo fino alla morte, adesso il riconoscimento del risarcimento del danno. Il tribunale di Trani ha condannato la Asl di Bari a pagare 2 milioni di euro a una famiglia di Trani per il danno provocato da una vaccinazione obbligatoria antivaiolosa, praticata nel 1972 al loro figlio, scomparso a 34 anni nel 2005.

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Lo Stato condannato per i ritardi dei risarcimenti

Stato condannato

Lo Stato condannato per i ritardi dei risarcimenti: dovrà oltre 10 milioni di euro a chi è stato contagiato da Hiv, epatiti B e C dopo emotrasfusioni. Monchiero, Sc: "Sentenza va applicata, ora le autorità competenti paghino". Il ministero della Salute: "Strasburgo ha riconosciuto il nostro ruolo nel risarcimento ai danneggiati". Le persone infettate che hanno presentato domanda di risarcimento o allo Stato o alle Regioni sono 26 mila
di ALBERTO CUSTODERO

Malata di epatite dopo la trasfusione

Trasfusione di sague

«Il Ministero paghi 400mila euro»

Il dicastero condannato in primo grado per danni morali e materiali. Sarebbero settemila i contagiati da sangue infetto tra gli anni ‘70 e ‘90 in attesa di risarcimento

Quattrocentomila euro: tanto potrebbe versare il Ministero della Salute a una signora che ha contratto l’epatite C durante una trasfusione di sangue. Danni morali e materiali: queste le motivazioni per cui il giudice Giorgio Alcioni della X Sezione del Tribunale civile di Milano ha accolto in primo grado l’istanza della paziente, condannando il Ministero a pagare il risarcimento, oltre alle spese processuali: altri 12.400 euro. Ma è probabile che il processo prosegua nel secondo e terzo grado di giudizio. E dunque non è certo che il risarcimento arrivi.

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Operata, errore dei medici forbici nell'addome per 9 anni

ROMA - Per nove anni è vissuta con un paio di forbici  chirurgiche nella pancia. Anna Maria Giornello, romana di 63  anni, si è portata dentro diciotto centimetri di acciaio tedesco ben affilato e rotto su un lato, che avrebbe potuto ucciderla con una caduta o una frenata brusca in auto. Un'insidia per la sua vita da quando, il 10 ottobre del 2000 dalle 9 a mezzogiorno, quelle forbici furono dimenticate nella sua pancia  dai ginecologi che le asportarono utero e ovaie nell' ospedale di  Marino, comune dei Castelli, alle porte di Roma sud. Durante l'intervento e dopo, nessun medico si è accorto di niente. Eppure Giornello in ospedale è rimasta un mese esatto, dal  19 settembre al 18 ottobre del 2000 e quelle forbici hanno  albergato nel suo intestino per quasi un decennio. «Sono  stati nove anni di fastidi e depressione», racconta la  donna. «Mi sono sottoposta invano a ecografie e visite  mediche; finalmente, nel maggio scorso, la scoperta  sconcertante».

imperizia medica

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Muore in ospedale, maxi risarcimento da 1 milione di euro alla famiglia

Risarcimento da 1 milione a Vicenza

"Inadeguata assistenza post intervento". L'Ulss 4 Alto Vicentino «è stata condannata dal Tribunale di Verona a risarcire la famiglia di un paziente, morto in seguito a un intervento chirurgico, per oltre un milione di euro. Non onorando l'obbligo imposto dalla sentenza i parenti si sono visti costretti a pignorare l'azienda ospedaliera». Ad affermarlo l'associazione di tutoring per le vittime di malasanità 'Obiettivo Risarcimento'.

«Si tratta - ricostruisce l'associazione - della vicenda di un 55 enne di Schio (Vicenza) deceduto all'ospedale locale, che fa parte dell'azienda Ulss 4 Alto Vicentino, a seguito di un intervento programmato per l'asportazione della tiroide resosi necessario per la formazione di un gozzo. La moglie e i giovani figli della vittima, decisi a indagare sulle ragioni del decesso del loro congiunto, sono giunti a sottoporre il caso al giudizio della magistratura del Tribunale civile di Verona, che già nel settembre 2016 ha condannato in primo grado l'azienda ospedaliera al risarcimento dei danni subiti dai familiari quantificati in una somma superiore al milione di euro».

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